Un ente bilaterale di norma nasce in seguito ad un accordo (detto Interconfederale) tra associazioni imprenditoriali e organizzazioni sindacali.

Il primo esempio di ente bilaterale nella storia Italiana si può rintracciare nell’ambito dell’edilizia, sebbene da un punto di vista solo formale, con la fondazione della Cassa Edile di Milano nel 1919.

Negli anni ’50 la pratica della bilateralità inizia ad espandersi in modo più omogeneo e capillare, fino ad arrivare alla proliferazione e ramificazione attuale degli enti grazie soprattutto alle attribuzioni normative che si sono susseguite nel corso del tempo.

Gli enti bilaterali altro non sono che lo strumento di attuazione e amministrazione del Contratto Collettivo Nazionale di Lavoro (acr. Ccnl) in quei settori produttivi dove la frammentazione è assai forte tanto da parte datoriale, quanto da parte dei lavoratori.

In sostanza dunque, l’ente bilaterale rappresenta il punto di incontro tra lavoratori ed imprese, ove le esigenze dell’una parte si incontrano e si scontrano e si confrontano con le aspettative dell’altra , al fine di essere risolte ovvero prevenute.

La logica della bilateralità tende proprio a superare il modello conflittuale tipico degli anni ’60 e ’70, ed è proprio per questo che il modello organizzativo di un ente bilaterale è improntato ad una pariteticità dei ruoli tale che i rappresentanti delle Organizzazioni Sindacali e dei Datori di Lavoro vengano rappresentati seguendo delle rotazioni reciproche.

Il metodo alla base delle decisioni che vengono adottate da un ente bilaterale è quello dell’unanimità (tipico del modello paritetico-bilaterale) a scapito del metodo c.d. “a maggioranza” (tipico del modello conflittuale). Tale modello se da una parte può portare ad un rallentamento dei tempi di decisione, evita la creazione di momenti di conflitto tra le parti: le decisioni provengono infatti da un’analisi approfondita e condivisa dalle parti.

La L. 30/2003 (c.d. Legge Biagi), attuata dal D. Lgs. 276/2003, modificato ed integrato dal D. Lgs. 251/2004. L’art. 2, 1° comma, lett. h) del D. lgs. 276/2003 precisa che agli enti bilaterali spetta la funzione di regolamentazione del mercato del lavoro attraverso:

  • la promozione di una occupazione regolare e di qualità;
  • l’intermediazione nell’incontro fra domanda e offerta di lavoro;
  • la programmazione di attività formative e la determinazione di modalità di attuazione della formazione professionale in azienda;
  • la promozione di buone pratiche contro la discriminazione e per la inclusione dei soggetti più svantaggiati;
  • la gestione mutualistica di fondi per la formazione e l’integrazione del reddito;
  • la certificazione dei contratti di lavoro e di regolarità o congruità contributiva, lo sviluppo di azioni inerenti la salute e la sicurezza sul lavoro;
  • ogni altra attività o funzione assegnata loro dalla legge o dai contratti collettivi di riferimento.